Alla metà del mese di febbraio, nel periodo in cui in antico i Romani celebravano i licenziosi riti dei Lupercali legati alla fertilità, la Chiesa ricorda un Santo Vescovo che, con un’unione benedetta, volle donare sacralità e spiritualità all’amore. Questo Vescovo è San Valentino, nativo e patrono di Terni, che per aver protetto una coppia di innamorati, uniti da lui con il matrimonio cristiano, fu condannato alla decapitazione a Roma, al tempo dell’imperatore Aureliano, nell’anno 273.
Insieme al culto del martire, molto diffuso in Umbria, nacquero intorno a San Valentino leggende gentili che lo trasformarono nel Santo patrono degli innamorati la cui festa purtroppo, a poco a poco, è diventata un’esasperata celebrazione consumistica.
La realtà storica di San Valentino è testimoniata dal Martirologium Hieromynianum e da alcuni reperti archeologici che ne confermano la sepoltura presso la sua città, in una necropoli sulla Flaminia, nel luogo in cui ora sorge la basilica santuario a lui dedicata, meta di pii pellegrinaggi di fedeli e di innamorati.
La figura di questo Santo rischia di essere offuscata dalla retorica un po’ oleografica del suo ruolo di protettore degli innamorati, ma di lui non solo conosciamo con sicurezza l’esistenza, ma anche il “volto” che ora stiamo riscoprendo, un volto dalle caratteristiche somatiche ben definite, da umbro dalla forte personalità. Il suo “ritratto” si trova nella suggestiva e preziosa chiesa di Santa Maria Antiqua al Foro Romano, a Roma. Questa chiesa, che è uno scrigno di incalcolabile valore per i dipinti, i lacerti e i palinsesti pittorici dal VI al IX secolo, sta per essere aperta al pubblico dopo decenni di lavoro di consolidamento e restauro, necessari per salvare un edificio tanto particolare. Santa Maria Antiqua fu una delle prime chiese sorte nell’area dei Fori, realizzata utilizzando l’ampio spazio del vestibolo del palazzo imperiale di Domiziano alle falde del Palatino. Ciò avvenne negli anni in cui il duca bizantino, emanazione del potere imperiale d’Oriente, dimorò a Roma dalla fine del VI agli inizi del VII secolo. Questa chiesa fu probabilmente la sua cappella palatina. Nel corso di tre secoli, fino all’anno 847, quando un terremoto sconvolse il Palatino provocando frane che seppellirono la chiesa, Santa Maria Antiqua fu arricchita da cicli pittorici straordinari, alcuni in strati sovrapposti, divenendo un deposito di tesori iconografici fra i più importanti dell’età altomedioevale. La chiesa praticamente scomparve, ricoperta da altre costruzioni, ma riapparve agli inizi del ‘900 quando furono iniziati gli scavi archeologici per sistemare il sito dei fori imperiali. Allora si scoprì tutto il suo patrimonio pittorico, importantissimo sia per i programmi iconografici legati alle correnti dogmatiche che dall’impero bizantino si propagavano fino all’ Occidente, sia per le tendenze stilistiche che mostrano la forte influenza dell’arte greco-bizantina e siriaca. Tra i dipinti ad affresco che ornano la navata sinistra di questo affascinante edificio sacro, riemerso dal passato, nella fascia in cui è rappresentato un Cristo in trono attorniato dai Santi, si trova San Valentino, ben identificabile dalla scritta laterale in greco “aghios Balentinos”, egli è alla destra di Cristo, accanto a Sant’Abbondio.
Ha l’aspetto di uomo ancora giovane, ha occhi scuri e profondi, un naso importante e sul volto una corta barba, il capo è circondato dall’aureola. Il Santo indossa la veste sacerdotale, tunica bianca e casula porpora, ha i sandali ai piedi e con la mano sinistra tiene il Vangelo sul quale appoggia la destra; la puntualizzazione somatica esclude che possa trattarsi di un ritratto ideale, di maniera. La teoria dei Santi in Santa Maria Antiqua viene datata all’VIII secolo ma forse è anteriore, poiché è ancora forte il naturalismo romano che rende le figure dei Santi e di Cristo vive e non statiche, seppur rappresentate frontali alla maniera bizantina. Come questo “ritratto”, di San Valentino ne esistono altri tre in Roma, due a mosaico nella chiesa di Santa Prassede e uno nel cubicolo del cimitero che porta il suo nome. Questi ritratti romani, simili fra di loro e molto realistici, sembrano dipendere da un unico modello più antico, quello che si trovava un tempo presso la tomba del Vescovo a Terni. Tale ricchezza iconografica non può che testimoniare la diffusione e la popolarità del culto di San Valentino nell’Italia Centrale, mantenutosi attraverso i secoli.
E, a distanza di millenni, conoscere il volto e lo sguardo di San Valentino potrebbe rendere la sua festa, con l’insieme della tradizione e delle belle leggende, ancor più piacevole per tutti gli innamorati, è un invito ad andare a Roma, a visitare la straordinaria chiesa di Santa Maria Antiqua al Foro.
M. Giuseppina Malfatti
14 febbraio 2013